Emergenza costi. Le aziende energivore oggi: il caso di Industria Alimentare Ferraro

Negli ultimi tre anni i costi energetici sono decuplicati, e a soffrire maggiormente sono le pmi in particolare quelle cosiddette Energivore. Al di là degli aiuti del Governo, la salvezza sta in un insieme di soluzioni. Perché nessuno si salva da solo.

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Emergenza costi. Le aziende energivore oggi: il caso di Industria Alimentare Ferraro

Pasta fresca e secca di qualità, con la specialità del tortellino secco ripieno: Industria Alimentare Ferraro è una delle uniche due aziende italiane rimaste a produrlo. Tredici linee di produzione, 230 persone divise in due stabilimenti in Veneto, e un volume d’affari di 50 milioni di euro di cui oltre l’80% all'estero, Europa, Stati Uniti e Sudamerica in particolare.

Un’azienda Energivora, a ciclo continuo, che consuma molto gas ed energia elettrica, e che sta affrontando la situazione del caro-energia in modo concreto e critico.

“Ci siamo tutti abituati negli ultimi 20 anni a considerare l'energia un tema secondario, ma la situazione di cui tutti oggi discutono è così da almeno 18 mesi, con una tendenza peggiorata negli ultimi 6 mesi”

spiega il CEO Valerio Bello. “Mentre tutti corrono e gridano alle fonti alternative, non ci rendiamo conto che siamo immersi in uno scenario totalmente cambiato in pochissimo tempo. Prendiamo l’esempio del fotovoltaico: oggi, con i piani di rientro degli investimenti in tre mesi, sembra la panacea di tutti i mali, mentre prima, quando il piano di rientro era di sei anni, nessuno lo prendeva in considerazione. Noi gestori e imprenditori paghiamo il fatto di non aver avuto una visione di lungo periodo, e la riflessione comune che porto è quella di ragionare meno di pancia, ma un po' più di testa, altrimenti ci sfuggiranno tante altre cose. Oggi è l'energia, ma domani?”

Le pmi e la pianificazione a breve

E’ storicamente consolidato che molte pmi – anche quelle con un controllo di gestione abbastanza profondo - tendano ad affrontare la gestione aziendale con una pianificazione “di breve”, al contrario delle multinazionali che affrontano meglio dinamiche tendenziali, compresa l’analisi dei consumi e dei risparmi.  

“In generale dovremmo tutti reimparare a cogliere i segnali dello scenario economico, e non correre al momento per raccogliere i cocci: oggi stiamo rincorrendo un fenomeno più veloce di noi”, racconta Bello, che nella sua azienda ha attuato un audit energetico, analizzando le dispersioni e provando a intervenire a tutto tondo.

Lo ha fatto avvalendosi anche di un professionista, l’Energy Manager, al contempo Direttore Tecnico.  

Eleonora Ferri, Equity Partner & Founder di W Executive, con un’approfondita competenza nel mondo industriale, spiega l’importanza di questa figura professionale, specialmente nelle aziende energivore e a ciclo continuo:

“Si tratta di una risorsa che abbiamo selezionato con cura ed è entrata in azienda a inizio 2022. L’Energy Manager ha il fine primario di monitorare il risparmio energetico, ed è una delle professionalità più richieste in questo momento storico. Inizialmente non ha avuto dirette responsabilità gestionali, ma ha assunto un ruolo di consulenza interna nell’area in cui viene collocato. Il suo punto di forza infatti non è tanto la competenza tecnica (che resta comunque necessaria) e professionale, quanto la capacità di dialogo con la struttura operativa e l’Alta Direzione con l’obiettivo primo di dar vita a una reale politica aziendale di conservazione dell’energia. 

Ha il compito di aiutare a trasformare i principi in attività reali: individuare interventi e procedure per ridurre il consumo, predisporre i bilanci energetici, redigere piani di investimenti e creazione di una cultura del risparmio delle risorse.

La sua capacità di sensibilizzare, prevedere e monitorare rende questo manager una professionalità ad alto valore aggiunto – e non solo nelle aziende ad alto consumo. Deve possedere un elevato grado di dinamismo e intraprendenza ed essere in costante aggiornamento, anche per influire nel cambiamento culturale”, conclude Ferri.

Non esiste una soluzione, ma tante soluzioni

Dalle prime analisi effettuate dall’Energy Manager, è emerso infatti che il 15% dell’energia consumata in azienda è energia sprecata, il che equivale ai prezzi di oggi a parecchie centinaia di migliaia di euro all’anno. Valerio Bello crede nel gioco di squadra anche sulle soluzioni, mettendole tutte in campo: ha deciso di intervenire subito con attività di manutenzione sugli impianti di aria compressa alimentati da energia elettrica, ma ha anche formato e aggiornato gli operatori sull’utilizzo dei macchinari, oltre ad interventi più semplici come temporizzare le luci o controllare meglio le temperature freddo/caldo di lavoro. Ovviamente i progetti di fonti alternative vanno avanti, considerando che un nuovo impianto necessita di almeno due anni per essere portato a regime. L’Energy Manager ha contribuito a ridisegnare la geografia dei consumi: sono emerse attività quali la revisione dei compressori o ancora, la miglior gestione dei frigoriferi che porta a risparmiare circa l’8% dell’energia elettrica consumata. Sono state pianificate anche chiusure strategiche di produzione: piccoli cali di attività, impostando l'azienda per gestire flessibilità produttive e lavorando in ottica di preservazione dei costi anche dal punto di vista del personale.

Il gap dei costi energetici tra il 2021 e il 2022: 5 volte in più

Ma se partiamo dal 2019, i dati spaventano: i costi di acquisto dell’energia sono addirittura decuplicati. Una salita proporzionale, con lo scalino più importante arrivato con la guerra.  

“Noi sapevamo già della tendenza al rialzo: avevamo la proiezione dei costi grazie ai consulenti che ci mandano un report settimanale”, continua Bello, che si è mosso sui prezzi di vendita dei suoi prodotti già dalla metà del 2021 anche per la contemporanea inflazione delle materie prime ed in particolare della semola, materia prima principale dell’azienda.  

“Il frumento duro, base della semola con cui lavoriamo, è una materia prima più che raddoppiata già dall’anno scorso. Ma il costo dell’energia ha avuto un impatto anche maggiore e proporzionale su tutti i fornitori: oggi il prezzo di vendita dei nostri prodotti è superiore del 25% rispetto al 2020… se volessimo recuperare completamente i nostri costi, dovremmo aumentarli ancora del 25%, ma non lo faremo: non vogliamo fare profit, ma garantire la continuità aziendale anche a pareggio”.

C’è una luce in fondo al tunnel? La situazione energetica rientrerà? Valerio Bello è ottimista, ma concreto.

“Non rientrerà ai livelli 2019/2020, ma cambierà dalle posizioni di oggi. Ma credo non prima della fine del 2023. Arriveremo a un plateau, con nuovi equilibri e nuovi parametri. Dobbiamo cavalcare l’onda lunga e mantenere la nostra concentrazione per gestire questi fenomeni”.

E gli aiuti del governo?

“Io sono uno generalmente critico nelle azioni dei nostri governi sul tessuto industriale, e quello che è successo nel nostro paese da questo punto di vista negli ultimi 20 anni supporta il mio atteggiamento, ma devo riconoscere che quello che ha fatto il governo attuale fino a fine novembre è un grande aiuto: il 40% sulla spesa energetica è una buona boccata d'ossigeno. Il punto è che la politica europea non può intervenire in modo impattante sui prezzi: le regole impostate anni fa sui prezzi di borsa non si possono deregolamentare a breve. Ciò che speriamo è che l'aiuto di oggi venga prorogato nei mesi successivi: anche perché senza quel 40% rischia di saltare tutta l'industria italiana.”

Il vero nodo: gli insoluti

La preoccupazione più grande penso risiede nella gestione che le aziende fornitrici di energia avranno con i moltissimi insoluti. Reggeranno?  

“Per chi non ha sotto controllo il proprio cash flow, mi aspetto grandi problemi a stare dietro ai pagamenti e quindi uno tsunami sulle aziende fornitrici. Un consiglio: stare alla larga da chi promette costi concorrenziali che porteranno a una débâcle strutturale nella fornitura”, continua Bello.

E se dovessero davvero razionare il gas?

Bello razionalizza a sua volta: “Non credo accadrà, ma abbiamo un contingency plan: nel caso, rallenteremo. E nel caso di interruzione completa, ipotesi lontanissima, non c'’è alternativa: ma ci prepariamo comunque."